"Fausto Coppi non era uno che vinceva in maniera normale.
Le sue erano imprese sensazionali, cose mai viste.
Storie bellissime."
L’hanno chiamato l’Airone, perché aveva ali al posto delle gambe e, invece di pedalare, volava.
L’hanno chiamato il Campionissimo, perché meglio di lui nessuno in sella a una bici tranne il belga Eddy Merckx, “Il Cannibale”, che di lui dirà: “Le vittorie di Coppi sono diventate romanzo, le mie cronaca”.
Ma Fausto Coppi era di più, persino più di un Centauro a pedali.
Lui, che era un uomo solo in fuga, tutt’uno con il suo strumento d’artista, è stato l’Achille e l’Ulisse della bicicletta: il mito, colui che ha riempito di sé quella che viene considerata l’età d’oro del ciclismo sportivo.